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Gli Orti di Mecenate – di Cesare Caporali

Edizioni Era Nuova 1998
Collana Storia e Territorio – Comune di Castiglione del Lago
Premessa e Glossario di Guido Lana
Formato 13,5×20,5 – Pgg 71
ISBN8885412654

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Cesare Caporali Nacque il 20 giugno 1531, a Panicale, figlio illegittimo di Camillo, canonico del duomo, di origine vicentina
Il suo primo contatto con la famiglia Della Corgna fu come segretario del cardinale Fulvio, nipote di papa Giulio III, presso il quale rimase cinque anni. Nel 1565 compose le Stanze sopra la liberazione di Malta dall’assedio de’ Turchi, dedicate al marchese Ascanio I della Corgna.
In seguito passò alle dipendenze del cardinale Ferdinando de’ Medici (che nel 1587, alla morte del fratello Francesco I, diventerà granduca di Toscana: in questo periodo compose il Viaggio di Parnaso e i due capitoli della Corte.
Stabilitosi a Perugia e, ormai anziano, ricevette da Scipione Tolomei una lettera in nome del marchese Ascanio II della Corgna (1596-1606), del quale era segretario, contenente un invito a risiedere e svolgere la sua attività nel palazzo di Castiglione del Lago, dove Cesare era già stato ospitato del marchese Ascanio I (alla sua morte aveva scritto per lui una canzone funebre). Il della Corgna lo teneva in grande considerazione e gli assegnò un’ampia sala, come studio, per poter lavorare serenamente. I rapporti col consigliere Scipione Tolomei furono cordiali. La marchesa Francesca Sforza, consorte di Ascanio II, spesso si intratteneva con lui, apprezzandone le qualità e gli scritti. Negli Orti di Mecenate, composti in questi anni, il Caporali descrisse e lodò le bellezze del palazzo e dei suoi splendidi giardini, di cui il labirinto vegetale costituiva la maggiore attrazione. Accademico Insensato, col nome di stemperato, partecipò alle segrete riunioni notturne organizzate nella residenza. Contribuiva, tra l’altro, all’organizzazione dei ricevimenti e all’accoglienza dei nobili invitati, intrattenendoli con letture piacevoli, e collaborò effettivamente nella realizzazione di alcuni affreschi nel palazzo. Il poeta eseguiva con impegno le regole del perfetto cortigiano contenute nel trattato di Baldassarre Castiglione: era sempre pronto, infatti, ad esaudire ogni desiderio del marchese, amabile, tollerante, scrupoloso, signorile ed attento a garantirgli svago e tranquillità, nascondendo le dolenti novità.
Aggravandosi il “mal della pietra” che lo affliggeva da anni, il 18 dicembre 1601, all’età di 70 anni, morì di calcolosi biliare.

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