Maria Callas – 13 La Gioconda

Maria Callas Il Mito, CD n° 13
La Gioconda – di Amilcare Ponchielli
Orchestra e Coro Teatro alla Scala
direttore Antonino Votto
con
Fiorenza Cossotto, Piero Cappuccilli.
Corriere della Sera Emi 1997 

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La Gioconda è un’opera di Amilcare Ponchielli su libretto di Arrigo Boito (firmatosi con lo pseudonimo e anagramma di Tobia Gorrio).

Dopo il debutto dei Lituani, il 7 marzo 1874 alla Scala, Ponchielli si mise in cerca di un nuovo libretto e prese contatto con Arrigo Boito. Il soggetto proposto, il dramma di Victor Hugo Angelo, tyran de Padoue, lasciò in un primo tempo perplesso il compositore, che temeva il raffronto con Il giuramento di Saverio Mercadante, una fortunata riduzione operistica del medesimo soggetto che aveva debuttato alla Scala l’11 maggio 1837. Per qualche tempo egli coltivò pertanto il progetto parallelo di mettere in musica il Piquillo Alliaga di Scribe, la cui riduzione librettistica fu affidata ad Antonio Ghislanzoni.

Boito decise di adattare il soggetto con estrema libertà, introducendo la figura di Barnaba e dando nuova fisionomia a tutti gli altri personaggi. Nel novembre 1874 i primi due atti del libretto erano pronti e Ponchielli si apprestò ad iniziare il lavoro di composizione, pur tra mille dubbi, che lo accompagneranno fino al debutto dell’opera. Nonostante l’ammirazione incondizionata per Boito, Ponchielli riteneva infatti che l’elemento drammatico soverchiasse quello lirico e temeva, di conseguenza, una reazione negativa del pubblico. Egli capiva inoltre che l’audacia drammaturgica e formale di Boito l’avrebbe costretto a modificare il suo stile. Da una lettera del 3 giugno 1875 all’amico musicista Achille Formis:

«Io sto occupandomi per questa Gioconda, ma t’assicuro che più di cento volte al giorno, sono tentato di desistere; le cause sono molte. La prima è che non ho fiducia nel libretto, troppo difficile, e forse non confacente alla mia maniera di scrivere. Siccome poi io sono per natura incontentabile, qui lo sono doppiamente, atteso la frequente e troppa elevatezza dei concetti, del verso, e difficoltà di forme, non trovando quelle idee che io vorrei. È una cosa inconcepibile ma trovo in me più scorrevolezza quando il verso è comune = Vi sono dei momenti che mi pare di non essere più capace di accozzare un’idea, e di non aver più Fantasia. È un fatto però che presentemente io dovevo attenermi ad altro libretto od altro poeta, che scrivesse non per suo conto ma per il Maestro»

Edizione del 1959 al Teatro alla Scala di Milano, orchestra della Scala diretta da Antonino Votto.

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