Tutti i grandi personaggi hanno un nemico irriducibile che mette a dura prova la loro invincibilità. Così, come Arthur Conan Doyle fa vivere il personaggio del professor Moriarty, Rex Stout elabora la figura di Arnold Zeck, un crudele e spietato avversario che costringe il grande investigatore a sovvertire tutte le sue abitudini e difendere la propria vita.
Zeck appare in tre romanzi di Nero Wolfe. È un boss criminale misterioso e piuttosto potente, dalle capacità intellettuali notevoli. Con Wolfe si sviluppa una mutua ammirazione, anche se la loro avversità è chiara sin dall’inizio. Wolfe lo detesta e lo teme:
«”Vi ho detto una volta di dimenticare il nome di quell’uomo, e dicevo sul serio. La ragione è semplice: non voglio sentire quel nome, perché appartiene all’unico uomo sulla terra di cui ho paura. Non ho paura che mi faccia del male; ho paura di quello che forse un giorno dovrò fare per impedirgli di farmi del male.”[1]» |
La presenza malevola di Zeck giunge attraverso il telefono in due romanzi, Abbiamo trasmesso (1948) e Nient’altro che la verità (1949). Zeck aveva già precedentemente telefonato a Wolfe in due occasioni: il 9 giugno del 1943, per il lavoro svolto da Wolfe per il generale Carpenter; e il 16 gennaio del 1946, riguardo Mrs. Tremont. Appare per la prima volta nel romanzo Nelle migliori famiglie (1950), il terzo di quella che è famosa per essere la Trilogia di Zeck, in cui Nero Wolfe trova necessario sconfiggere Zeck una volta per tutte. Nel 1974, la Viking Press ha pubblicato i tre romanzi di Zeck in un volume.
Zeck è uno specialista nell’organizzare crimini che non possono essere ricondotti a lui in alcun modo. Si limita a organizzare piani complessi ed estremamente intelligenti e non entra mai personalmente in contatto con criminali di professione. Ufficialmente è solo un uomo d’affari che possiede una casa sulla collina più alta della contea di Westchester e che ha donato il suo panfilo alla Guardia Costiera durante la seconda guerra mondiale.
«”Lo avevo sentito descrivere. Ne ebbi una buona visuale da tre metri di distanza quando sedetti in una delle sedie di pelle grigio rosato vicino alla sua scrivania. In realtà non c’era niente di notevole in lui tranne la fronte e gli occhi. Non era una fronte, era una cupola, che si espandeva verso l’alto fino all’attaccatura dei sottili capelli biondastri. Gli occhi erano il risultato di un errore nella linea di produzione. Erano stati fabbricati per uno squalo e qualcuno li aveva spediti all’indirizzo sbagliato. Non erano uguali a quelli di uno squalo perché il cervello di Arnold Zeck li aveva usati per vedere nel corso di cinquant’anni, e la cosa aveva avuto un certo effetto.”[2]»da Wikipedia |
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